giovedì 2 settembre 2021

I sintomi psicologici: nemici da combattere o segni da ascoltare?


Hai mai avuto esperienza di un sintomo, di un disagio, di un problema, di una strana e immotivata angoscia che ti affligge e che non ti fa vivere serenamente?
Ti sei mai chiesto “che cosa vuol dire?” o quale sia l’origine del problema?
Spesso, nella società odierna, si tende a voler risolvere ed eliminare un sintomo nel più breve tempo possibile, ponendosi passivamente come vittima di qualcosa che colpisce dall’esterno. Perché, invece, non provare a riconoscere il problema e interrogarsi su di esso?

Che cos’è un sintomo psicologico?


In medicina il sintomo è indice di una latenza patologica, di un’irregolarità nel funzionamento dell’organismo. Per questo motivo, nella percezione comune, il sintomo, anche quello psicologico, è in gran parte vissuto e considerato soltanto come l’effetto di una condizione da eliminare velocemente.

Sigmund Freud è stato il primo ad includere nell’indagine medica, l’esplorazione della psiche umana, trasformando l’approccio alla sofferenza e il modo di intendere i sintomi, visti non solo come problematicità, inciampi da eliminare, bensì come espressioni di un dinamismo psichico più ampio e complesso.

Il sintomo psicologico si può presentare in vari modi: con l’ansia, gli attacchi di panico, con comportamenti ossessivi e compulsivi, con disturbi dell’umore come la depressione o la mania, con una bassa autostima, con modalità relazionali insoddisfacenti, con comportamenti autolesionistici, con disturbi del comportamento alimentare come l’anoressia o la bulimia, con problematiche psicosomatiche, ecc.

Come possiamo intendere allora il sintomo? Come una metafora che reclama la sua interpretazione e che costituisce una chiave di volta verso la comprensione di quanto sta accadendo in noi stessi.

Il sintomo serve a qualcosa?

Un sintomo può essere faticoso, invalidante, sfibrante; potrebbe essere il risultato di un conflitto inconscio.

Il sintomo ha bisogno di essere accolto, ascoltato e inserito in una cornice di significato più ampia per la persona.

Esso ha una funzione specifica e anche dei vantaggi inconsci. Non si può immaginare di comprenderlo se non si comprende la storia del soggetto e la sue dinamiche. Il complesso lavoro di un’analisi è quello di aiutare la persona a cogliere il vantaggio del proprio sintomo, la funzione indispensabile per la sua economia psichica e cogliere - con la sua modalità paradossale - le motivazioni che ha il sintomo di presentarsi e ciò che va a soddisfare. Solo in un percorso di cura possono emergere questi aspetti, essere avvicinati ed essere lavorati.

L’inconscio ha le sue ragioni e le sue modalità di manifestarsi, esse vanno esplorate e comprese, necessitano di essere incluse in una visione più complessa e ampia della persona. Così anche il sintomo, non possiamo immaginare di eliminarlo attraverso un lavoro basato, ad esempio, sul condizionamento ma va ampliato il discorso che si condensa in esso. E così che si coglie il suo vantaggio ed è così che può essere affrontato. Questo lavoro non ha a che vedere con un ragionamento lineare, non per niente la regola fondamentale della psicoanalisi riguarda l’uso delle libere associazioni, “parlare senza pensare”, cogliendo i nessi e i nodi che emergono nel nostro discorso.

Come affrontare un sintomo psicologico?

Quando si sta male a causa di un sintomo si vorrebbe avere una soluzione rapida, che ripristini lo stato precedente alla crisi. Non è facile confrontarsi con il dolore, con l’angoscia che un sintomo provoca, con le difficoltà che ci pone rispetto alla quotidianità.

Può apparire più semplice pensare di stare meglio grazie ad un intervento che reprima prontamente un sintomo che fa soffrire. Ma il sintomo porta un messaggio da un luogo intimo e profondo della persona. Non dare la giusta considerazione al sintomo può comportare un prezzo più grande da pagare, in termini di sofferenza psicologica, emotiva e fisica.

Occorre dunque comprendere che affrontare questa sofferenza richiede modi e spazi specifici e solo intuendo cosa sostiene quel sintomo è possibile anche affrontarlo.

La cura psicoanalitica ha questo obiettivo: comprendere lo scenario del sintomo per lavorare sulle cause e non solo sulle manifestazioni del problema, in modo tale che esso non si ripresenti sotto altre forme.

Conclusioni

In conclusione, aggiungo che ha una certa rilevanza il ruolo della società postmoderna in cui viviamo: il sintomo possiamo leggerlo come il prodotto di una normalizzazione a tutti i costi. Infatti, l’assenza di sintomi si paga al caro prezzo di un soffocamento delle più autentiche aspirazioni, di una mancata autorealizzazione e della perdita di integrità del proprio essere. Il presentarsi di un qualsiasi sintomo può significare che, nonostante tutto, è in atto un processo vitale di protesta che, in realtà, può aiutare a condurre ad una maggiore consapevolezza di sé.



Dott.ssa Rossana Curatolo


martedì 6 luglio 2021

Perfetti sconosciuti

 “Siamo frangibili, tutti, chi più chi meno”.  Sintesi e commento del film




“Perfetti sconosciuti”, uscito nel 2016 e diretto da Paolo Genovese, è un intrigante film tra la commedia e il drammatico, divertente e allo stesso tempo angoscioso, in grado di portare alla luce la frangibilità della natura umana.



La trama


La sceneggiatura è organizzata tutta in una serata, all’interno dell’appartamento romano di Eva e Rocco, una coppia che organizza una cena tra amici di vecchia data, in occasione di un’eclissi lunare. Gli invitati sono altre coppie di amici, Cosimo e Bianca, Lele e Carlotta, e Peppe, insegnante di educazione fisica. Peppe è fidanzato da poco con Lucilla che però non è presente alla cena.


Gli eventi ruotano attorno ad un gioco che Eva propone di fare ad inizio serata: tutti dovranno mettere il proprio cellulare in mezzo al tavolo e ogni chiamata o messaggio che arriva dovranno essere condivisi con gli altri. Per non mostrare di avere qualcosa da nascondere, accettano tutti. Ci accorgeremo presto che ognuno di loro ha almeno un segreto che non ha confessato a nessuno, tantomeno ai propri compagni e amici più cari.


Per colpa o grazie al gioco degli smartphone, viene a galla una serie di verità che rischiano di distruggere le varie coppie: Rocco, chirurgo plastico, è in analisi all’insaputa della moglie Eva, che fa la psicoanalista e, a sua volta, ha in programma di rifarsi il seno; Carlotta e Lele hanno, entrambi, altre relazioni virtuali e Carlotta sta organizzando di nascosto un trasferimento della madre di Lele in una casa di riposo. Bianca ha contatti con il suo ex e Cosimo nasconde due relazioni extraconiugali, una con la collega Marika e l’altra proprio con Eva. 

Anche Peppe ha mentito: la sua fidanzata non si chiama Lucilla ma Lucio. Questa rivelazione scatena reazioni di rabbia, stupore e sfottò proprio da parte degli amici più stretti.


In un climax di tensione e rivelazioni, Bianca scopre che suo marito non solo le è infedele  ma che la collega Marika aspetta un figlio da lui; Carlotta arriva poi a confessare che, anni prima, ha investito un uomo guidando ubriaca ma suo marito si è preso la colpa al posto suo.

Bianca, dopo lo shock causato dai tradimenti di Cosimo e dopo essersi chiusa in bagno a vomitare, riappare per andarsene; toglie la fede, saluta Peppe, l'unica persona che considera genuina, e lascia per sempre Cosimo.


Il finale


Il film sembra procedere in modo coerente fino alla fine, facendo cadere una ad una tutte le maschere indossate dai personaggi e rivelandone i segreti e le bugie grandi e piccole, le ipocrisie.

In realtà, finita la cena e conclusasi anche l’eclissi lunare, quando Rocco ed Eva sono in camera da letto, si scopre che il gioco non è mai avvenuto grazie a Rocco, che ha insistito per evitare di farlo. Ci accorgiamo quindi che tutto quello che abbiamo visto è la messa in scena di una sorta di realtà parallela, dove un gioco apparentemente innocente avrebbe distrutto amicizie e rapporti familiari.

Alla domanda di Eva a Rocco sul perché non abbia accettato di giocare, il marito, consapevole dei danni che il gioco avrebbe creato, le risponde con una riflessione: “siamo frangibili, tutti, chi più chi meno”. 

Non essendosi verificato il gioco e, di conseguenza, non essendo emersa alcuna rivelazione, ognuno dei protagonisti torna alla propria vita e alle proprie verità nascoste.


Il finale ci mostra, in maniera decisamente inaspettata, i diversi personaggi tornare a casa dalla cena esattamente come ci erano arrivati. Nessuno ha scoperto nulla di quel che gli altri nascondono e tutti continuano, ignari, le loro esistenze segnate da reciproci segreti sulle loro relazioni o sulla loro identità, come nel caso di Peppe, omossessuale incapace di dichiararsi tale ai suoi amici di sempre, i quali, nella messa in scena della realtà ipotetica dove tutto è svelato, si sono mostrati insensibili e poco comprensivi.


La verità


La verità rende davvero liberi? E’ qualcosa da preservare, da nascondere o da condividere?

Il finale del film sembrerebbe alludere alla possibilità che Rocco in realtà sia un narratore onnisciente, che sia consapevole di ogni cosa, incluso il tradimento di Eva. Proprio per questo, il chirurgo potrebbe aver scelto la strada della protezione dalla verità, o meglio del non detto con cui ognuno convive e che, in molti casi, viene indirizzato in quella scatola nera che è il proprio cellulare. A prima vista il film potrebbe essere inteso proprio come un’amara critica allo smartphone e ai suoi più disparati utilizzi.


Scavando nel film più approfonditamente, quello che emerge è la vulnerabilità, la frangibilità dell’essere umano alle prese con la sua stessa esistenza. Giocare o non giocare? La scelta finale del regista è che la verità della vita dei personaggi venga tutelata: nessuno è stato, in realtà, costretto a stare al centro del palcoscenico. 

Ciò significa, da una parte, come Pirandello insegna, che l’autenticità è più ideale che reale, ed è pure irraggiungibile all’interno della socialità e degli scambi relazionali - caratterizzati da una serie di regole implicite e riti che non si possono o non si vogliono infrangere. Dall’altra, il personaggio di Rocco ci aiuta a capire che il gioco apparentemente innocente inscenato a cena è inattuabile proprio per tutelare le nostre difese più intime, ma, a dirla tutta, è anche non necessario: la verità, se si guarda bene, è a portata di mano e, basta frugare un po’ più a fondo, dietro la superficie, per afferrarne la sua dura, spiacevole consistenza.



Dott.ssa Rossana Curatolo